mercoledì 12 gennaio 2011

Il lago che c'è, non c'è più!

La maggioranza degli abitanti dello slum Manyatta di Kisumu non sono mai stati al lago. Eppure vivono a meno di cinque chilometri dalle rive del secondo lago più grande al mondo: il mitico lago Vittoria.

E hanno problemi d'acqua, che se va bene scarseggia ed è a pagamento, altrimenti non ce n'e' proprio. L'acqua del lago Vittoria accoglie la maggioranza dei liquami e degli scarichi di Uganda, Tanzania e Kenya e l'acqua e' diventata imbevibile.

Grandi compagnie hanno comprato le rive del lago allo stato keniota e ne impediscono l'accesso, purificano l'acqua chimicamente e la rivendono a caro prezzo. Poi, a differenza dei loro nonni, gli abitanti della costa del lago, non vivono più di pesca, qui il pesce costa più che a Nairobi.

L'introduzione artificiale di una nuova specie, il Nile Perch, nelle acque del lago ha infatti determinato la scomparsa di moltissime specie pescate dai locali con tecniche di micropesca (piroga, lenza, piccole reti). In compenso il Nile Perch ha assunto dimensioni gigantesche e a pescarlo sono soltanto le grandi compagnie con attrezzature da pesca tecnologicamente avanzate (grandi battelli, reti, etc.).

Poi e' stata introdotta la licenza di pesca, pagata dalle grandi compagnie, ma impossibile da pagare per i pescatori che oggi si azzardano a pescare di frodo nottetempo piccole quantità di pesce che poi rivendono al mercato (tra le mosche). I grandi filetti di Nile Perch vengono inviati su camion refrigerati a Nairobi e lavorati in fretta per essere spediti in tutta Europa.

Qualche tempo fa si e' pensato di introdurre il giacinto d'acqua, una pianta per dare riparo e nutrimento alle piccole specie e favorire una loro ripresa (ovviamente per foraggiare il Nile Perch che, dopo essersi mangiato tutte le altre specie, ora soffre di carenze alimentari e la sua taglia torna a diminuire).

Risultato: la pianta e' diventata infestante ed in alcune insenature del lago non si vede nemmeno più l'acqua, sembra semmai una verde prateria. E allora, quelli di Kisumu, così come hanno imparato da altri a riciclare gli pneumatici usati per farne delle calzature, prendono la pianta infestante e dopo averla fatta seccare se ne servono per fare sedie, cesti e sofà. Africa.

[Otieno Samuel, Luo di Kisumu, a ruota libera sulla riva del lago accessibile ai turisti mentre una imbarcazione si fa largo a fatica fra la vegetazione infestante].

domenica 9 gennaio 2011

Mombasa is different, Kisumu is the same...

Nove moschee principali, ma in tutto sono quasi cinquanta in citta', una bellissima cattedrale cattolica, innumerevoli chiese cristiane evangeliche, gospel, pentecostali, anglicane; due templi indù, un tempio Sickh ed altri di difficile identificazione.

Per servire le esigenze religiose di una popolazione di un milione di abitanti composta per il 60% di islamici, il 20% di indù, il 15% di cristiani e la parte restante di persone devote a religioni tradizionali oltre ad un discreto numero di rastafari. Nessun problema di convivenza, sia riguardo la quotidianità (in un edificio possono abitare al contempo islamici, cristiani, indù ed altri) sia nelle scuole o negli ospedali.

"Perche' qui non ci siano attriti fra le persone di diversa confessione religiosa non lo so proprio: "MOMBASA IS DIFFERENT".

(Farouk, fuori dal tempio induista dedicato a Swaminarayan).


Manyatta, uno slum davvero inquietante: roghi di pattumiera e nubi di fumi velenosi in vicoli sterrati e fangosi con cloache puzzolenti a cielo aperto dove si abbeverano capre e polli, fra bambini brutti sporchi e cattivi (ma va?), persone intente a produrre del carbone davanti a case fatiscenti e decrepite.

L'immondizia non è a terra, ma si e' direttamente mescolata con il terreno; e' il suolo. Poi il campo di calcio dello slum, qui si sogna di diventare il futuro Drogba, Eto'o, Essien, Mariga. Piu' avanti una freccia indica il ristorante Monna Lisa Guest House, la seguo, porta ad un garage, mangero' Samosa e Kebab vicino ad una mercedes azzurra con una gomma a terra.

Fuori il mercato: un delirio di genti e di merci, una calca inverosimile di corpi. Mi hanno fregato la fotocamera con degli scatti irripetibili: "KISUMU IS THE SAME".

[dopo una giornata in compagnia di Otieno Samuel, Luo, in giro per la Kisumu downtown].

mercoledì 5 gennaio 2011

Degli oggetti e dei significati


L'esperienza dovrebbe insegnare ad evitare le domande dirette per sapere il nome o la funzione di oggetti a noi sconosciuti. Il rischio, oltre a possibili e frequenti fraintendimenti, e' quello di ricevere per risposta una presa in giro oppure direttamente un insulto.

I musei potrebbero ancora contenere oggetti la cui traduzione del nome a loro attribuito può voler dire in lingue sconosciute stupido, curioso, girovago o altro. Altri fraintendimenti possono riguardare i significati. I viaggiatori che visitano la costa keniota vogliono spesso acquistare un "kikango" ovvero un antenato (raffigurato da una scultura in legno allungata e sottile).

Il fatto e' che per i locali Mijikenda "Giriama" e "Digo" il kikango non e' una scultura che rappresenta l'antenato, ma e' l'antenato stesso! Così quando si sentono chiedere il prezzo di un kikango si domandano perché uno sconosciuto voglia acquistare suo nonno.

Poi, più prosaicamente vendono loro alcune sculture prodotte in serie, domandandosi comunque perché quegli stranieri vadano in giro dicendo di aver acquistato un kikango, quello non e' un kikango!

[Dopo essermi preso del curioso domandando il nome di una vecchia trappola per pesci e da una chiacchierata rivelatrice e consolatoria con Kazy, Giriama].

domenica 2 gennaio 2011

Parametri relativi

Quanto dista il tuo villaggio da Kisumu? Cinquanta scellini.

[Moses, Luo, ad indicare il costo del viaggio con il matatu, mezzo di trasporto collettivo locale]

giovedì 30 dicembre 2010

Educazione

La scuola di Gazi e' colorata. E' stata costruita grazie ad un progetto belga che si e' occupato anche della realizzazione di un pozzo. La facciata della scuola e' piena di disegni didattici: piante, animali, oggetti disegnati su tutta la lunghezza della parete esterna.

In fondo, sulla destra, sono rappresentati i cinque pilastri dell'Islam (testimonianza di fede, preghiera rituale, digiuno, elemosina e pellegrinaggio). Dall'altra parte, sulla sinistra, nell'angolo in alto campeggia un grosso maiale. Un paffuto suino con gli sci ai piedi e i relativi bastoncini, vestito con sciarpa, paraorecchie e giacca a vento.

A parte qualche rara eccezione gli altri disegni non hanno alcuna attinenza con il contesto culturale locale. C'è anche il disegno di una bocca aperta con i nomi di tutti i denti ed uno spazzolino con dentifricio che invita ad una igiene orale periodica. Il disegno non è però così realistico se paragonato alle dentature pressoché perfette dei bimbi africani.

Mwatime dice di non averci mai fatto caso, neanche al maiale ed al suo abbigliamento, per lei sono soltanto decori senza alcun senso. E se gli alunni non ricordano semplici nozioni come "o" di "orso" allora vorrà forse dire che gli africani hanno dei problemi di apprendimento e debbono essere aiutati.

[da una conversazione con Mwatime, Digo, maestra nell’asilo locale di Gazi]

mercoledì 29 dicembre 2010

Antropologia applicata

La rivolta dei Mau Mau fu uno dei primi movimenti anticoloniali nati in Africa contro gli immigrati europei proprietari di terre espropriate ai locali per ordine dell'amministrazione britannica.

Per diventare Mau Mau era necessario prestare un giuramento solenne. I contadini di etnia kikuyu, armati di panga (machete), rivendicavano il diritto ad un governo autonomo composto da governatori locali.

Soltanto che le vittime delle amputazioni prodotte dai panga non furono i loro padroni, contro i quali era diretta la rivolta, bensi', in maggioranza, furono quei contadini che invece di prestare giuramento collaboravano con l'amministrazione inglese.

[James, Kikuyu; per una breve storia di un'antropologia applicata, mentre apparecchia una tavola]

domenica 26 dicembre 2010

Natale hiv

Nonostante le tante nascite, la popolazione e' in diminuzione a causa dell'aids.

Le politiche governative da un lato sensibilizzano la popolazione sull'uso del preservativo, dall'altro puntano, a fronte dell'incremento costante delle nascite, ad una riduzione della mortalità infantile con programmi farmacologici che impediscano di trasmettere la malattia dalla madre al feto. Ma in questo modo, ogni bimbo nato e' destinato a divenire presto un orfano.

Comunque sia, l'aids in Africa è un problema secondario, nel senso che normalmente chi contrae la malattia ha spesso problemi ben più gravi che lo affliggono. Anzi, i progetti di sostegno ai malati, possono garantire il coinvolgimento in programmi di assistenza sociale che rendono la vita addirittura migliore rispetto a coloro che l'aids non ce l'hanno.

I programmi di prevenzione, invece, raccontano un storia già nota, poco interessante...
Del resto, l'aids e' sempre esistita, gli anziani hanno sempre detto che infrangere i tabu' sessuali avrebbe portato al deperimento ed alla morte, non e' una novita'.

La stregoneria causa la malattia: in Africa non si muore mai di "morte naturale".

[Sotto una veranda, parlando con Tumu, mentre sua nonna confeziona tegole di makuti intrecciando foglie di palma e bambini e capre passano e vanno in una nube di polvere]

sabato 25 dicembre 2010

Relativismo

Guarda quella scimmia sul ramo in alto, ha un cucciolo aggrappato al petto, che carina. Sono davvero belle, domani dovremo portargli della frutta cosi' magari le facciamo avvicinare di piu'

(Turista a figlia mentre passeggiano nei giardini di un resort africano).

Qui le scimmie le bruciamo. Dopo averle uccise e bruciate le diamo in pasto ai cani, cosi' sono piu' feroci quando gli danno la caccia. Vedi quel banano? Ho dovuto mettere il suo frutto dentro un sacco di juta per nasconderlo, altrimenti si mangiano anche quello, sono una vera piaga

[Tumu, abitante di Gazi, villaggio swahili sulla costa a sud di Mombasa].

martedì 21 dicembre 2010

Niqab

GUARDA COME SONO VESTITE QUELLE, NON SI VEDE NEANCHE CHI CAZZO C'E' DENTRO.

[Turista italiano vedendo dal pulmino delle donne coperte da buibui o niqab, nel centro di Mombasa].

giovedì 16 dicembre 2010

La tierra es para quien la trabaja


LA TERRA E' BASSA, MOLTO BASSA
(ad indicare che per lavorarla bisogna chinare la schiena).

[Contadino di Ukunda disegnando il suo campo con un dito sulla sabbia].