mercoledì 12 dicembre 2012

Una realtà parallela


Immaginate, nel crepuscolo mattutino, umili viandanti mazatechi percorrere i numerosi sentieri della Sierra di Huautla, che venano di terra scura la nebbiosa selva. 

D'improvviso tutti quanti, ovunque si trovino, rallentano ed obbedendo ad un'antica disposizione d'animo che li lega a quei luoghi con intricati ma saldi nodi culturali, si voltano verso oriente guardando alla montagna più alta, richiamati dal dirompere lucente e diamantato dei primi raggi di sole della giornata. Con gesto composto, raccolto e solenne, ognuno di loro si toglie il cappello e lo porta al petto rispettosamente, pregando sottovoce, per salutare l'astro nascente (che illuminerà tanto la loro giornata quanto quella dei coyotes bastardi; intermediari che sfruttano il lavoro di piccole cooperative contadine comprando loro il caffè, prodotto con estrema fatica, a prezzi iniqui, per aumentare a dismisura il margine dei loro profitti personali e quello dei politici corrotti che li sostengono). 

Nell'incerta luce mattutina, Josivel attraversa il cortile sterrato di casa sua, stringendo tra le braccia due grossi vasi di terracotta, inciampa e cade rovinosamente a terra procurandosi, con i cocci affilati, dei tagli sulle braccia e sul viso. Sua mamma Clementina accorre spaventata. Non riesce a darsi pace mentre cura le ferite di Josivel tamponandole con un decotto di erbe ed aguardiente. E' arrabbiata con se stessa perché la disgrazia poteva essere evitata. Sarebbe infatti bastato prestare attenzione al sogno che aveva fatto la notte precedente: un toro imbizzarrito si era divincolato dalle corde che lo assicuravano alla staccionata e, nella sua corsa cieca giù dal pendio, aveva travolto la piccola. Era un segno da non sottovalutare. 

I sogni sono misteriosi. 

L'impostazione razionalistica che ci ha tramandato Platone si fonda sostanzialmente sull'idea che essi non siano altro che il prodotto di un inconscio dominato da passioni ed irascibilità in cui strisciano desideri inconfessabili che durante il giorno vengono tenuti a bada dalla razionalità che li governa. Ma nottetempo, quando il razionale è affievolito, assopito e distratto, queste forze (che non dormono mai) prendono vigore, si insinuano in pertugi insospettabili ed escono allo scoperto per mostrarsi in tutta la loro bizzarría o mostruosità prendendo un sopravvento temporaneo sul sorvegliante (che ronfa grasso con i piedi incrociati su una sedia e le chiavi della cella sul tavolo). 

Quando Clementina sogna non crede di essere vittima di un moderno frullatore notturno che in alcune fortunate happy-hour si diverte a servire milk-shake di irrazionalità e desideri nascosti mescolati a ricordi più o meno recenti. Per lei i sogni sono uno strumento conoscitivo. Per lei sognare significa esplorare una diversa realtà che, pur apparendo fosca e lontana, sarebbe strettamente interrelata alla realtà quotidiana fino a influenzarne gli accadimenti che non avrebbero dunque un corso casuale, bensì necessario. 

Per Spencer e Tylor, due antropologi degli albori della disciplina, il sogno rivestirebbe addirittura un ruolo fondamentale nella nascita del pensiero religioso. Secondo Tylor gli eventi prodigiosi vissuti nei sogni, dall'esperienza del volo, a quella di coprire lunghe distanze, fino all'incontro con persone defunte, avrebbero fatto nascere nei primitivi l'idea dell'esistenza di un doppio spirituale in grado di sopravvivere dopo la morte dal quale si sarebbe sviluppata una delle prime forme religiose in assoluto: il culto degli antenati. Attribuendo poi il "doppio" anche ad animali e piante si sarebbe aperta la strada verso la concezione dell'animismo (a me E. B. Tylor sta simpatico e anche se mi prenderanno per pazzo - di solito succede così quando si dà ragione ad un evoluzionista - a mio avviso questa sua teoria è stata troppo sbrigativamente liquidata e varrebbe la pena riprenderla in considerazione).

Ma il sogno ha una caratteristica tutta sua. Si presenta sempre quando dormiamo e quindi non c'è verso di poter intervenire su quegli accadimenti che dobbiamo necessariamente vivere in modo passivo. Nell'interpretazione amerindia ciò è determinato dal fatto che è una nostra componente spirituale a staccarsi dal corpo sognante, che continua a giacere addormentato mentre ella vaga in una dimensione onirica.

Per poter intervenire su quella realtà bisognerebbe saper trasformare la notte in giorno ed entrarci in condizioni di veglia. Poterlo fare significherebbe trovare le cause dei disagi che ci affliggono, degli equilibri perduti e dei malanni che ci fiaccano durante l'esistenza, per porvi rimedio. Se volete diventare degli specialisti del sacro ed avventurarvi in tale realtà provate ad allenarvi ad agitare le mani nel letto proprio mentre state dormendo e sognando, senza interrompere né il sonno né il sogno. Se non ce la fate rivolgetevi a chi lo fa di mestiere (è un consiglio) e fatevi accompagnare in quella realtà assicurandovi che la conosca davvero bene.

Così ha fatto Clementina quando nel pomeriggio ha deciso di recarsi in visita da una curandera. In compagnia delle figlie Josivel e Irlanda ha percorso un lungo tragitto, prima sulla camioneta di un conoscente, poi camminando in salita, attraversando campi di mais e di caffè. Durante il tragitto non si sono scambiate neppure una parola. Il problema riguarda la figlia più grande Irlanda. Da molti giorni rifiuta il cibo, è triste, avvilita, stanca. E ha sempre freddo ai piedi. Di notte li avvolge in una coperta di lana, ma continuano a rimanere gelidi ed al mattino fatica a camminare.

La casa della curandera si trova in cima ad un colle, una costruzione sbilenca di mattoni di fango sotto ad un grosso albero di avocado che estende i suoi alti e frondosi rami sul tetto di lamiera. Tutto intorno giacciono stuoie ricoperte da caffè pergamino (non ancora decorticato) ad asciugare al sole. In casa non c'è nessuno. Clementina nota la finestra della cucina chiusa, ma non assicurata, Maria Dolores probabilmente non tarderà. La donna e le due ragazzine siedono su un tronco in cortile e la attendono silenziose. 

Sul grosso ramo di aguacate compare vispo, uno scoiattolo grigio, poi un altro dotato di una folta coda rossa, guadano giù in direzione delle donne, girano, si arrampicano veloci senza distogliere lo sguardo, si fermano ancora, corrono via. Più giù, una farfalla blu, volteggia intorno ad una pianta di tabacco punteggiata di fiorellini rosa, poi si avvicina a Clementina, vola sopra la testa di Irlanda e davanti al viso ferito di Josivel, poi scompare mentre, con un evoluzione elegante, un avvoltoio bruno si lascia cadere dall'alto del cielo per arrivare a compiere un lento volo radente davanti all'abitazione, costeggiando con occhio vigile la facciata dell'abitazione per tutta la sua lunghezza.

Si dice che gli iatromanti amerindiani (ma sono sicuro che preferirete chiamarli sciamani...) siano in grado di proiettare una loro componente spirituale in diversi animali approfittando delle sembianze acquisite per aggirarsi curiosi ed anonimi nei paraggi (insomma da quelle parti, se vi entra un tacchino in soggiorno dovreste sempre essere in dubbio se si tratti veramente dell'animale che vedete oppure se siano le nuove fattezze assunte da vostra suocera per osservarvi da vicino). 

Più in basso, lungo un ripido sentiero che si intravede appena nell'ombra delle chiome ad ombrello dei huajiniquil, avanza una massa informe, lenta. Scompare fra gli alberi, poi, dopo qualche minuto, eccola riapparire nel cafetal fra foglie verdi e bacche rosse di caffè maturo. Curva, sotto il peso di un grosso sacco di caffè, Maria Dolores procede calma sino a raggiungere l'uscio di casa, poi lascia cadere pesantemente il fardello, alza la testa e la scuote lasciando cadere indietro le sue lunghe trecce annodate tra loro alle estremità da un nastro azzurro, sorride alle ospiti. I suoi piedi scalzi sono arcuati e callosi e conoscono il territorio circostante meglio di chiunque altro.

Si tratta del medesimo territorio in cui si appresta a viaggiare con Clementina e le sue figlie, senza però che nessuno apparentemente si muova dalle sedie poste di fonte all'altare predisposto per il rito, allestito con odorosa resina di copal, fiori freschi, uova di tacchino, colorate piume di pappagallo ed icone cattoliche, illuminato dalla sola luce di una fioca candela nell'oscurità della sera.

Maria Dolores divenne curandera a seguito di un evento improvviso e doloroso, quando sua figlia, di ritorno con secchi pieni d'acqua, in una giornata fredda e piovosa, fu preda di un attacco di febbre che la costrinse sofferente a letto e le rese il viso gonfio e rosso a tal punto che faticava anche a respirare. Quando tutto sembrava perduto suo marito le portò un morral (borsa a tracolla di fibra naturale) colmo di funghi raccolti in un pendio nebbioso poco lontano da casa. Dopo averne mangiati parecchi ed aver provato forte nausea e tremori alle gambe, fu trasportata repentinamente in una realtà meravigliosa, poi fu in grado di perlustrare il paesaggio in volo sino a giungere sulla fonte d'acqua dove sua figlia si era "spaventata". La vide. In preda al delirio continuò a pregare e disse a suo marito di recarsi in quel luogo e portare un'offerta. Furono depositati due semi di cacao ed un uovo di tacchino, la bimba guarì.

Ed è in questa zona intermedia popolata di esseri invisibili, ma reali, che si avventureranno le donne. Josivel beve l'acqua in cui sono stati in ammollo i funghi che Dolores, Clementina e Irlanda hanno ingerito. Stringono nel palmo della mano due semi di cacao a testa, serviranno per pagare l'accesso a quel mondo e, soprattutto, a garantirsi il ritorno.

Nella più completa oscurità, senza muoversi, percorrono un mondo a loro familiare, il territorio che abitano. Scendono da un sentiero conosciuto, salgono da un dirupo con difficoltà e si dirigono verso il Nindo Tokoxo, la montagna sacra in cui risiede il signore dell'abbondanza (il cui culto probabilmente iniziò con l'introduzione della coltivazione del caffè nella regione), pregano, lasciano un'offerta e si avviano verso ovest attraversando invisibili, le rumorose strade cittadine. All'estremo occidente del territorio c'è un luogo tetro, la caverna del Chato anche conosciuto come il Güero (chiaro, bianco) un’entità malvagia che in cambio delle facili ricchezze concesse è solito richiedere favori ben vergognosi (se siete dei coyotes oppure vi piace far soldi senza faticare troppo guardatevi le spalle, il Chato arriva sempre da dietro, è una metafora: ci siamo intesi?). 

Dolores siede composta, perlopiù immobile, ma talvolta si agita, fa domande a Clementina e ogni tanto parla anche con spiriti ed altre entità invisibili che le appaiono durante il cammino rendendo estremamente faticoso il procedere. Spossate, dopo ore, raggiungono, attraverso una rete di sentieri boscosi accidentati, la località di Ayautla. 

In un dirupo, forzatamente accovacciata, all'interno di una grossa olla in terracotta si trova Irlanda con i piedi legati da robuste corde immersi in acqua gelida fino alle caviglie. E' intrappolata. Ad Irlanda viene dato del miele per ridurre l'intensità del viaggio, le giunture di braccia e gambe sono strofinate con un trito di foglie di tabacco fresco tritato, per proteggerla. Ora le donne pregano incessantemente ad alta voce mentre la ragazza osserva le sue gambe riempirsi di vermi. Dolores richiede l'assistenza di alcune entità amiche per riuscire a liberarla e continua a pregare, anche in lingue sconosciute. Ce la fanno. Poco dopo, ripiegata sulla sua sedia, immobile, Irlanda appare esausta e sudata, ma è salva. 

Fuori è buio, tutt'intorno è buio, ma l'oscurità notturna d'improvviso si è dissipata, illuminata dal linguaggio sapiente dei funghi. La terra e gli alberi respirano di giallo, di verde e di viola, come l'acqua.