domenica 9 gennaio 2011

Mombasa is different, Kisumu is the same...

Nove moschee principali, ma in tutto sono quasi cinquanta in citta', una bellissima cattedrale cattolica, innumerevoli chiese cristiane evangeliche, gospel, pentecostali, anglicane; due templi indù, un tempio Sickh ed altri di difficile identificazione.

Per servire le esigenze religiose di una popolazione di un milione di abitanti composta per il 60% di islamici, il 20% di indù, il 15% di cristiani e la parte restante di persone devote a religioni tradizionali oltre ad un discreto numero di rastafari. Nessun problema di convivenza, sia riguardo la quotidianità (in un edificio possono abitare al contempo islamici, cristiani, indù ed altri) sia nelle scuole o negli ospedali.

"Perche' qui non ci siano attriti fra le persone di diversa confessione religiosa non lo so proprio: "MOMBASA IS DIFFERENT".

(Farouk, fuori dal tempio induista dedicato a Swaminarayan).


Manyatta, uno slum davvero inquietante: roghi di pattumiera e nubi di fumi velenosi in vicoli sterrati e fangosi con cloache puzzolenti a cielo aperto dove si abbeverano capre e polli, fra bambini brutti sporchi e cattivi (ma va?), persone intente a produrre del carbone davanti a case fatiscenti e decrepite.

L'immondizia non è a terra, ma si e' direttamente mescolata con il terreno; e' il suolo. Poi il campo di calcio dello slum, qui si sogna di diventare il futuro Drogba, Eto'o, Essien, Mariga. Piu' avanti una freccia indica il ristorante Monna Lisa Guest House, la seguo, porta ad un garage, mangero' Samosa e Kebab vicino ad una mercedes azzurra con una gomma a terra.

Fuori il mercato: un delirio di genti e di merci, una calca inverosimile di corpi. Mi hanno fregato la fotocamera con degli scatti irripetibili: "KISUMU IS THE SAME".

[dopo una giornata in compagnia di Otieno Samuel, Luo, in giro per la Kisumu downtown].

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