giovedì 3 marzo 2011

Dell'ossessione occidentale per il tempo

Scusa quanti anni hai?

Mwanamisi risponde serenamente... Diciannove o venti, ma sono abbastanza sicura di compierne ventuno quest'anno.

Moses invece da più di tre anni dice di avere quarant'anni, dovrebbe aggiornarsi, probabilmente.

Ricordo di aver posto la stessa ingenua domanda durante il mio primo soggiorno nello Yucatàn a Mariano il quale mi rispose senza esitazioni: diciannove. Perplesso manifestai qualche dubbio in merito.

Tornammo sull'argomento giusto qualche giorno dopo e lui, vista la mia esitazione nell'accettare per buona l'età dichiarata, mi chiese di seguirlo nella sua abitazione. In un anfratto nella penombra, dopo aver scostato due amache penzolanti, raggiunse un vecchio baule dal quale estrasse, orgoglioso, un impolverato e sgualcito documento di identità redatto dallo Stato dello Yucatán.

Ufficiale.

Leggo la data di nascita riportata ed immediatamente mi rivolgo a lui dicendogli "guarda che hai trent'anni". Con espressione seria mi risponde: "strano, quando me lo consegnarono sono sicuro che mi dissero che di avere diciannove anni".

Così, in molte regioni del mondo, non ci si preoccupa affatto della data di nascita. Il concetto di età reca con sè significati diversi. I documenti di molti africani nati lontano dai centri urbani più importanti, essendo registrati qualche anno dopo la nascita, riportano una data approssimativa, presunta e per questo motivo tantissimi di loro sono nati, o meglio registrati, il primo di gennaio. Per convenzione s'intende, convenzione occidentale.

[Parlando con Mwanamisi, Digo, il suo nome significa figlia di Misi, suo padre]

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