martedì 10 gennaio 2012

Que viva el indio muerto, que muera el indio vivo...

Pedro cammina sulla ripida salita, è abituato a farlo.
Veste pantaloni lunghi, una camicia leggera in tela di lino, un cappello di paglia e huaraches (sandali in cuoio intrecciato).

Sull'altro versante del promontorio c'è la sua abitazione, con i suoi tre figli ancora piccoli che dormono su amache appese e sua moglie che stamattina, quando era ancora buio, era già impegnata a sciacquare il mais in un grosso secchio di metallo.

Dietro di sé ha appena lasciato la sua milpa, il campo di mais che ha ricavato disboscando un piccolo tratto di selva. Ha tagliato la vegetazione con ascia e machete e poi, al culmine della stagione secca, gli ha dato fuoco. Quelle ceneri nutriranno il terreno che la pioggia feconderà. Dalla milpa Pedro ricava tutto ciò che è necessario per il sostentamento di sé e della sua famiglia. Soprattutto mais, fagioli, zucche e chiles; del resto sono i medesimi prodotti che hanno permesso in antichità l’evoluzione delle grandi civiltà mesoamericane.

Alcuni si chiedono il motivo per il quale nella Mesoamerica antica non si sia mai sviluppata l'agricoltura (che prevede l'uso dell'aratro); mentre le tecniche di coltivazione di allora non andarono mai oltre la primitiva orticoltura da zappa (ottenuta in realtà con l'utilizzo di un semplice bastone appuntito).

C'è da dire che in epoca preispanica, gli unici due mammiferi di grosse dimensioni presenti nel continente americano erano il bisonte ed il lama. Provate ad immaginarli attaccati ad un aratro.
Poi, immaginate di doverli convincere a lavorare per voi; prima l'uno, poi l'altro.

Adesso sapete perché l'agricoltura non poté svilupparsi in quel continente.

Nel taschino della camicia Pedro porta un piccolo pacchetto di carta legato con un cordino, contiene picietl, foglie di tabacco fresco tritate. No, questo tabacco non si fuma. Si tratta di un amuleto, protegge, allontana i pericoli e i malos vientos. Pedro ha una mentalità magica e tutto ciò che accade intorno a lui, anche il particolare più insignificante, può rappresentare un presagio. Un evento che si iscrive nel corso necessario degli eventi. Il futuro per lui, non è altro che un modo di ripresentarsi del passato.

Nella borsa di fibra vegetale intrecciata porta una serie di cose raccolte nella milpa. Non si tratta di ortaggi, ma di oggetti di un certo valore.
Pedro si sente un po’ a disagio a trasportarli, non è del tutto tranquillo. Già, perché gli oggetti che porta nella borsa sono preziosi reperti archeologici. Ma Pedro non è un ladro, non ha rubato quegli oggetti, li ha semplicemente trovati nella milpa, mentre seminava. Ogni volta che piove forte, emergono dalla terra, da soli, basta raccoglierli.

Quando arriva sulla sommità della collina, alta ed isolata, si dirige verso un complesso di grandi costruzioni. Non sono edifici qualsiasi. E' giunto a Monte Albán, uno dei più grandi siti archeologici del Messico.

Da dietro una piramide defilata, Pedro ammicca ai visitatori.

Tira fuori dalla borsa degli oggetti molto belli e li mostra ad un visitatore. Una ciotola bianca in alabastro con un serpente arrotolato sui bordi, numerose terracotte e piccole figure in argilla, una collana in giada verde, splendida. Alcuni reperti sono addirittura più belli di quelli esposti nel museo ufficiale del sito archeologico.

Inizia una trattativa serrata per un pezzo che raffigura un nobile personaggio in terracotta con un copricapo di piume e pannocchie. Ma non c’è intesa sul prezzo (qui non c'entra la mentalità magica...).
Ad un certo punto, nella concitazione della trattativa Pedro viene chiamato per nome.

Pedro ci pensa.

E' sicuro, non si è mai presentato al visitatore. Inizia a sentirsi a disagio, è intimorito. Conosce il mio nome? Si tratterà di un agente, mi ha scoperto, mi hanno preso. Rompe gli indugi e glielo chiede direttamente, pronto al peggio.

Per tutta risposta viene incalzato, l'uomo dice di conoscere ogni cosa, può vedere oltre, tanto che svela anche la presenza di due tatuaggi situati rispettivamente sul polpaccio e sull'avambraccio di Pedro (invisibili giacché coperti dagli abiti).

Pedro stavolta è davvero spaventato, raccoglie in fretta gli oggetti e si allontana.

L'uomo però, lo rincorre e, prima che possa scavalcare un muretto, si rivolge direttamente a lui: dai Pedro!

Davvero non mi hai riconosciuto? Si, ci conosciamo!

Due anni fa in questo stesso luogo!
Avrei voluto comprare un reperto, ma non avevo con me abbastanza denaro e tu fosti così gentile da portarmelo direttamente in città, il giorno dopo!

Pedro non poteva fare caso a tutti i clienti, per lui, in definitiva, erano tutti uguali.

Del resto quando due anni prima Pedro si recò in città sperando di vendere il reperto ordinato, non aveva l’abbigliamento che ci si può aspettare da un contadino zapoteco. Indossava indumenti "urbani": scarpe da ginnastica, bermuda di jeans sfilacciati e maglietta del Cruz Azul (ci giocava Camoranesi).
I suoi capelli, neri come le piume di un corvo, erano tirati su col gel.
I suoi tatuaggi non passarono inosservati.

Ci fu un abbraccio.

Non biasimate Pedro, i musei europei sono veri e propri depositi di saccheggi.

Pedro, come gli altri indios messicani, ha soltanto una grossa difficoltà ad aderire al progetto immaginato per il Messico che, ovviamente, non contempla la presenza di poveri e disorganizzati contadini (testardi e fannulloni) che impediscono allo Stato di stare al passo con i tempi.

Le politiche indigeniste, che avrebbero dovuto portare "sviluppo" nelle zone più misere e remote del paese, dove la Storia (cattiva e impersonale), ha relegato le comunità indigene, gli hanno creato ancor più dubbi, senza, in cambio, risolvergli alcun problema.

Si tratta di una questione controversa.

In realtà al governo messicano, in un certo senso, gli indios piacciono, eccome. Qualsiasi momento pare buono per vantare con orgoglio le radici preispaniche.
Festival culturali, eventi in musei archeologici, simboli precolombiani presenti pressoché dovunque, anche sulla bandiera nazionale.

Viene quasi il dubbio che il governo messicano prediliga esclusivamente un tipo particolare di indios: quelli già morti.

[Ho raccontato questa storia in un museo di Torino. Nell'allestimento di riferimento c'era una statuina in terracotta che rappresentava Pitao Cozobi, signore zapoteco del mais. A sorreggerla una serie di collane fatte con semi di mais blu, gialli, rossi e bianchi. Sarà stato per l'umidità conservata dalla terra usata come base per l'allestimento oppure per la primavera incombente, ma in quell'occasione, il mais, incurante di trovarsi in un tempio della cultura, germogliò...]

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